SALOMONE E IL SUO AMORE UMANO PER DIO
“Poi Davide consolò Bath-Sheba sua moglie, entrò da lei e si giacque con essa; ed ella partorì un figliolo, al quale egli pose nome Salomone ( cioè, pacifico). L’Eterno amò Salomone e mandò il profeta Nathan che gli pose nome Iedidia (cioè, amico dell‘Eterno), a motivo dell’amore che l’Eterno gli portava” (2 Samuele 12:24-25).
Pur amando il peccatore, Dio condanna il peccato e in certe circostanze può manifestare la sua ira al riguardo, intervenendo duramente nella vita dei suoi figli. Il Signore ama Davide, che considera un uomo secondo il suo cuore, ma non tollera il suo adulterio con Betsabea e meno ancora l’omicidio di suo marito, inviato volutamente dallo stesso re in prima linea incontro a morte certa, e così non permette che il frutto di quell’unione viva: “L’Eterno ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai. Nondimeno, siccome facendo così tu hai data ai nemici dell’Eterno ampia occasione di bestemmiare, il figliolo che t’è nato dovrà morire…E l’Eterno colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide, ed esso cadde gravemente ammalato…e il settimo giorno il bambino morì” (2 Samuele 12:13-15,18).
Davide ha un pentimento genuino: “Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua benignità… Lavami del tutto della mia iniquità e nettami del mio peccato. Poiché io conosco i miei misfatti, e il mio peccato è del continuo davanti a me. Io ho peccato contro te, contro te solo, e ho fatto ciò ciò che è male agli occhi tuoi…Purificami con l’issopo, e sarò netto; lavami, e sarò più bianco che neve…” (Salmo 51:1-7), giace nuovamente con Betsabea e questa gli partorisce un altro figlio, chiamato Salomone.
Dio ama questo bambino perché è il figlio del pentimento, della presa di coscienza e dell’ammissione della propria colpa. Le Scritture, infatti, ci confermano che il Signore ama il cuore contrito: “L’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuore rotto, e salva quelli che hanno lo spirito contrito” , “I sacrifici di Dio sono lo spirito rotto e contrito” (Salmo 34:18 ; 51:17) , “Poiché così parla Colui che è l’Alto, l’eccelso, che abita l’eternità, e che ha nome il Santo: Io dimoro nel luogo alto e santo, ma son con colui che è contrito ed umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore dei contriti” , “Tutte queste cose le ha fatte la mia mano, e così son tutte venute all’esistenza, dice l’Eterno. Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito contrito, e trema alla mia parola” (Isaia 57:15 ; 66:2).
Il Signore sceglie Salomone per edificargli il tempio e gli concede tregua da tutti i nemici per poter portare a termine questa impresa: “Davide disse a Salomone…la parola dell’Eterno mi fu rivolta, e mi fu detto: Tu hai sparso molto sangue, e hai fatte di gran guerre; tu non edificherai una casa al mio nome, poiché hai sparso molto sangue sulla terra, dinanzi a me. Ma ecco, ti nascerà un figliolo, che sarà uomo tranquillo, e io gli darò quiete, liberandolo da tutti i suoi nemici d’ogni intorno. Salomone sarà il suo nome; e io darò pace e tranquillità a Israele, durante la vita di lui. Egli edificherà una casa al mio nome; ei mi sarà figliolo, ed io gli sarò padre; e renderò stabile il trono del suo regno sopra Israele in perpetuo” (1 Cronache 22:7-10). Se Salomone rappresenta il prodotto del pentimento, possiamo dire che solo chi è pentito può iniziare a costruire la casa di Dio, cioè può iniziare a costruire il carattere di Cristo nella sua vita, facendo cosa gradita al Padre celeste.
Salomone ama Dio (1 Re 3:3), vuole dare il meglio di sé per soddisfarlo e perciò gli chiede sapienza per governare il suo popolo. Dio apprezza questa sua attitudine: “E Dio gli disse: Giacché tu hai domandato questo, e non hai chiesto per te lunga vita, né ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto intelligenza per poter discernere ciò che è giusto, ecco, io faccio secondo la tua parola; e ti do un cuor savio e intelligente, in guisa che nessuno è stato simile a te per lo innanzi, e nessuno sorgerà simile a te in appresso. E oltre a questo io ti do quello che non hai domandato: ricchezze e gloria; talmente, che non vi sarà durante tutta la tua vita alcuno fra i re che possa esserti paragonato” (1 Re 3:11-13).
Ma non è sufficiente amare Dio per dare frutti per la sua gloria, bisogna spezzare il potere del peccato che è in noi: “Poiché io mi diletto nella legge di Dio, secondo l’uomo interno; ma veggo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente, e mi rende prigione della legge del peccato che è nelle mie membra. Misero me uomo! Chi mi trarrà da questo corpo di morte?” (Romani 7:22-24). Ciò è possibile solo tramite la disciplina di Dio (Ebrei 12:5-11).
Salomone, infatti, ama Dio: “E Salomone amava l’Eterno e seguiva i precetti di Davide suo padre” (1 Re 3:3), ma…
- Sposa la figlia del Faraone
“Or Salomone s’imparentò con Faraone, re di Egitto. Sposò la figliola di Faraone, e la menò nella città di Davide, finché avesse finito di edificare la sua casa, la casa dell’Eterno e le mura di cinta di Gerusalemme” (1 Re 3:1).
Probabilmente aveva contratto questo matrimonio per assicurarsi l’alleanza degli Egiziani e garantire la pace alla nazione che stava governando, ma Dio aveva espressamente proibito di unirsi con donne di altri popoli.
- Offre sacrifici sugli alti luoghi
“Intanto il popolo non offriva sacrifici che sugli alti luoghi, perché fino a quei giorni non era stata edificata casa al nome dell’Eterno. E Salomone amava l’Eterno e seguiva i precetti di Davide suo padre; soltanto offriva sacrifici e profumi sugli alti luoghi” (1 Re 3:2-3).
Pur riconoscendo la sovranità di Dio e che solo a Lui spetta l’adorazione, non presenta i suoi sacrifici al sacerdote, all’ingresso della tenda di convegno, come categoricamente ordinato dal Signore (Levitico 17:3-7), ma si abbandona alla tradizione ormai instauratasi nel popolo, ad imitazione pagana.
- Costruisce la sua dimora più maestosa della casa dell’Eterno
“Il quarto anno, nel mese di Ziv, furono gettati i fondamenti della casa dell’Eterno; e l’undicesimo anno, nel mese di Bul, che è l’ottavo mese, la casa fu terminata in tutte le sue parti, secondo il disegno datone. Salomone mise sette anni a fabbricarla” (1 Re 6:37-38).
“Poi Salomone costruì la sua propria casa, e la compì interamente in tredici anni” (1 Re 7:1).
“La casa che il re Salomone costruì per l’Eterno, aveva 60 cubiti di lunghezza, 20 di larghezza, 30 di altezza” (1 Re 6:2).
“Salomone costruì la sua propria casa…Fabbricò prima di tutto la casa della Foresta del Libano, di 100 cubiti di lunghezza, di 50 di larghezza e di 30 d’altezza…Fece pure il portico di colonne, avente 50 cubiti di lunghezza e 30 di larghezza, con un vestibolo davanti, delle colonne, e una scalinata di fronte. Poi fece il portico del trono dove amministrava la giustizia…e la casa sua, dov’egli dimorava, fu costruita nello stesso modo, in un altro cortile, dietro il portico. E fece una casa dello stile di questo portico per la figliola di Faraone, che egli aveva sposata” (1 Re 7:1-8).
Alla fine dei lavori l’ombra della reggia di Salomone copre il tempio dell’Eterno, così come la carnalità, o umanità del re predomina sulla spiritualità della Parola di Dio.
- Si circonda di ricchezze materiali
“ Or il peso dell’oro che giungeva ogni anno a Salomone era di 666 talenti, oltre quello ch’ei percepiva dai mercanti, dal traffico dei negozianti, da tutti i re d’Arabia e dai governatori del paese. E il re Salomone fece fare 200 scudi grandi d’oro battuto…e 300 scudi d’oro battuto più piccoli…e li mise nella casa della Foresta del Libano.Il re fece pure un gran trono d’avorio, che rivestì d’oro finissimo. Questo trono aveva sei gradini…e dodici leoni stavano sui sei gradini, da una parte e dall’altra. Niente di simile era ancora stato fatto in verun altro regno. E tutte le coppe del re Salomone erano d’oro, e tutto il vasellame della casa della Foresta del Libano era d’oro puro” (1 Re 10:14-21).
Il cuore di Salomone incomincia a deviare, il suo sguardo, infatti, si fissa maggiormente sulla gloria di questo mondo che non sulla ricchezza prodotta nell’anima da una stretta comunione col Signore. Il peso dell’oro ricevuto annualmente, 666 talenti, numero della Bestia o Anticristo, ce lo conferma simbolicamente.
Salomone ama Dio, ma ama anche questo mondo, e come ci dicono le Scritture: “Niuno può servire a due padroni; perché o odierà l’uno ed amerà l’altro, o si atterrà all’uno e sprezzerà l’altro. Voi non potete servire a Dio ed a Mammona” (Matteo 6:24), “Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amor del Padre non è in lui” (1 Giovanni 2:15). Il cuore di Salomone, infatti, si sta allontanando progressivamente dal suo Dio e il suo comportamento successivo ce lo conferma.
- Si circonda di molte donne
“Or il re Salomone, oltre la figlia di Faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Hittee, donne appartenenti ai popoli dei quali l’Eterno aveva detto ai figlioli d’Israele: Non andate da loro e non vengano essi da voi; poiché essi certo pervertirebbero il vostro cuore per farvi seguire i loro dei. A tali donne s’unì Salomone nei suoi amori. Ed ebbe 700 principesse per mogli e 300 concubine” (1 Re 11:1-3).
La concupiscenza di Salomone cresce a dismisura, nella sua vita, infatti, il piacere carnale prende decisamente il sopravvento sull’amore genuino. Disubbidisce ripetutamente alla legge di Dio, perché quando la carne è libera di agire “è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio, e neppure può esserla” (Romani 8:7). Salomone, dominato dal potere della carne, non può, quindi, gradire a Dio, né manifestare amore per Dio, perché “quelli che sono nella carne, non possono piacere a Dio” (Romani 8:8).
- Si lascia trascinare nell’idolatria e si perverte
“E le sue mogli gli pervertirono il cuore; cosicché, al tempo della vecchiaia di Salomone, le sue mogli gl’inclinarono il cuore verso altri dei; e il cuore di lui non appartenne tutto quanto all’Eterno, al suo Dio, come aveva fatto il cuore di Davide suo padre. E Salomone seguì Astarte, divinità dei Sidoni, e Milcom, l’abominazione degli Ammoniti…costruì, sul monte che sta dirimpetto a Gerusalemme, un alto luogo per Kemosh, l’abominazione di Moab, e per Molec, l’abominazione dei figlioli di Ammon. E fece così per tutte le sue donne straniere, le quali offrivano profumi e sacrifici ai loro dei” (1 Re 11:3-8).
Cedendo al peccato, Salomone si è lasciato schiavizzare dal peccato e non è più al servizio di Dio, come quando gli chiese sapienza per governare il suo popolo, ma è al servizio delle sue passioni carnali, mai disciplinate, mai combattute, mai messe in croce. Infatti, “quelli che son del Signore hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze” (Galati 5:24).
A questo punto Dio manifesta la sua ira: “E l’Eterno si indignò contro Salomone, perché il cuor di lui s’era alienato dall’Eterno, dall’Iddio d’Israele, che gli era apparso due volte, e gli aveva ordinato, a questo proposito, di non andar dietro ad altri dei; ma egli non osservò l’ordine datogli dall’Eterno” (1 Re 11:9-10) e gli comunica, come punizione, la sua decisione di dividere il regno: “Io ti strapperò di dosso il reame, e lo darò al tuo servo. Nondimeno, per amore di Davide tuo padre, io non lo farò te vivente, ma lo strapperò dalle mani del tuo figliolo. Però, non gli strapperò tutto il reame, ma lascerò una tribù al tuo figliolo, per amor di Davide mio servo, e per amor di Gerusalemme che io ho scelta” (1 Re 11:11-13).
In questa circostanza Dio manifesta ciò che pulsa nel suo cuore: da una parte il suo giusto giudizio nei confronti del peccato, ma dall’altra il suo desiderio di essere misericordioso verso chi ha infranto la sua legge.
Giuda ed Israele, poi, i due regni che si formano da questa scissione, rappresentano l’opera dello Spirito e della carne, le due realtà, o due regni, presenti in chi è nato di nuovo. L’uno manifesta la benedizione prodotta dalla presenza e dal governo di Dio, mentre l’altro la decadenza, il degrado morale, l’asservimento alle tendenze più basse, più meschine dell’essere umano, determinati dall’assenza della guida del Signore.
A tutti noi sarebbe piaciuto essere come Salomone: amato da Dio, benedetto da Dio, protetto da Dio da tutti i suoi nemici, vivendo una vita pacifica, tranquilla, ammirato da tutti, di nulla mancante. Ma l’assenza di conflitti, di battaglie, di nemici rappresenta un grosso rischio per la purezza della nostra vita spirituale, per la nostra comunione con Dio, e Salomone ce lo conferma. In una situazione del genere non si è più vigilanti, non si “cingono i fianchi della nostra mente…per non conformarci alle concupiscenze del tempo passato quand‘eravamo nell‘ignoranza” (1 Pietro 1:13-14), valutando e discernendo da quali pensieri siamo sfiorati, e non è neanche il caso di ”prendere la completa armatura di Dio, affinché possiamo resistere nel giorno malvagio…e star saldi contro le insidie del diavolo” (Efesini 6:11,13). Quando si abbassa la guardia, perché non ci sono giorni malvagi, non si vedono neanche le insidie del diavolo e non si è pronti o in grado di “prendere lo scudo della fede per spegnere tutti i dardi infuocati del maligno”, che vengono lanciati sempre e comunque dal “nostro avversario, il diavolo, che va attorno a guisa di leon ruggente cercando chi possa divorare” (2 Pietro 5:8).
E Salomone si è lasciato divorare!